Adattamento italiano di: Why Apple is betting on HTML5: a web history
Nonostante Apple tragga la maggior parte dei propri introiti dalla vendita di prodotti hardware, ultimamente sta investendo ingenti risorse nel delineare le linee guida del software del futuro. Un ottimo esempio al riguardo è certamente HTML5.
Malgrado lo standard non sia ancora ultimato, Apple ha già integrato, come un importante componente, HTML5 all’interno delle proprie strategie aziendali, favorendone l’applicazione sui propri dispositivi, spaziando da quelli mobili come iPod touch e iPhone a Safari su Mac e PC, dai widget Dashboard ai nuovi iTunes LP, da MobileMe all’iTunes Store.
Alcuni critici però hanno fatto notare che HTML5 non verrà ultimato prima del 2012 e che il suo completamento potrebbe in ogni caso risultare irrilevante poiché è improbabile che Microsoft abbia intenzione di supportare il nuovo standard all’interno di Internet Explorer. Altri invece si domandano se il mondo abbia veramente bisogno di ulteriori cambiamenti al linguaggio che sta alla base del web.
In realtà molte funzionalità di HTML5 sono già ampiamente diffuse. Apple del resto, qualche anno fa, non rimase certo con le mani in mano attendendo la stesura finale delle specifiche della 802.11n per realizzare il supporto al nuovo standard WiFi e ora non ha certo intenzione di aspettare l’ultima release dello standard HTML5 per implementarlo!
Microsoft inoltre ha inoltre già ufficialmente aderito alla partecipazione allo standard HTML5, manifestando serio interesse a lavorare con Google, Apple, Mozilla e con le altre compagnie che lo sostengono.
Ma per comprendere davvero perché HTML5 è considerato da tutti così importante e per capire come la sua adozione cambierà il futuro del web e del software in generale è necessario dare un’occhiata alle accese polemiche scatenatesi sulla nuova specifica: esse coinvolgono aziende in competizione tra loro nell'affannosa ricerca di consensi da parte degli utenti su come il web dovrebbe funzionare nel prossimo futuro.
La storia del web: le origini di <HTML>
HTML (HyperText Markup Language, letteralmente “linguaggio di descrizione per ipertesti”) originariamente fu sviluppato nel 1989 da Tim Berners-Lee con lo scopo di trasferire le funzionalità di ENQUIRE, un database ipertestuale da lui realizzato per il CERN dieci anni prima, come un’applicazione aperta e distribuita in grado di operare attraverso Internet.
Il prototipo di questo sistema, realizzato grazie agli avanzati tool di sviluppo dei computer NeXT, divenne famoso con il nome di World Wide Web.
Il nuovo Web definì HTML come una applicazione di SGML (Standard Generalized Markup Language), un metalinguaggio standard ISO già esistente usato per strutturare i documenti con comandi di markup al fine di facilitare il trasferimento dei file tra sistemi differenti.
L’utilizzo di SGML risale agli anni Sessanta, quando veniva impiegato dai governi, dall’industria e dalle forze armate come strumento per la strutturazione di documenti complessi in una maniera che fosse univoca e che potesse essere accessibile e modificabile da sistemi automatici.
I codici SGML inseriti in un documento possono essere usati come "marcature descrittive" (indicando per esempio dove il testo dovrebbe essere in grassetto), oppure possono essere investiti di ruoli logico-semantici che rivestono le parti nelle quali il documento si articola. Ad esempio: periodi, paragrafi, capitoli - note, citazioni, tabelle, indici, etc...
A seconda dell’utilizzo che se ne intendeva fare, queste forme di markup potevano essere fuse insieme per ottenere una semplice pagina web progettata esclusivamente per l’occhio umano o essere tenute rigidamente distinte ottenendo un documento flessibile che potesse essere interpretato anche da uno screen reader per non vedenti.
I confini tra presentazione e descrizione sarebbero diventati un argomento molto dibattuto sull’HTML poiché differenti punti di vista sull’argomento da diversi soggetti, ognuno con un proprio preciso obiettivo anche commerciale, avevano iniziato a scontrarsi.
HTML: lanciato dalla cooperazione tra pubblico e privato
Al fine di segnalare HTML come raccomandazione allo standard IETF (Internet Engineering Task Force) nel 1993, Berners-Lee ebbe bisogno di fornirne un esempio di attuazione concreta. Egli citò così il browser Mosiac, inizialmente sviluppato dall’Americana NCSA, e finanziato da Al gore, membro del Congresso degli Stati Uniti d’America, all’interno di un grande progetto innovatore volto allo sviluppo dell’high performance computing e delle comunicazioni sfruttando la potenza delle forze di mercato con investimenti strategici del governo.
La natura assolutamente “open” dell’HTML, sostenuta dagli investimenti del governo, permise alla nuova rete di Berners-Lee di rivoltare completamente i piani e le tasche dei possessori degli allora nascenti servizi Internet, tutti incompatibili e proprietari che stavano dividendo gli utenti nei giardini recintati di AOL, CompuServe, GEnie, MSN e proposte similari.
La definizione pubblica di HTML come open standard permise a chiunque di installare un server in grado di fornire pagine HTML visualizzabili da qualunque browser.
Non appena la realtà di questo immenso nuovo potenziale iniziò a prendere piede, Microsoft capì che il web poteva non solo essere una minaccia al suo nuovo servizio MSN (MicroSoft Network), ma poteva anche essere usato dalle aziende per ridurre la loro dipendenza da Windows, rendendo possibile l’acquisto di prodotti da un qualsiasi altro distributore.
Tale “rivoluzione” provocò la guerra con Netscape, ma, a causa dei nuovi standard web, stavano per scoppiare altri cruenti conflitti...
HTML 2: Chi è al potere?
Dopo la release della bozza originale di HTML, assieme a HTML+, decaduto nel 1994, lo IETF creò l’HTML Working Group per iniziare a lavorare sulle specifiche di HTML 2. Allo stesso tempo Barners-Lee creò il World Wide Web Consortium (W3C) con l’ulteriore intento di guidare lo sviluppo degli standard web in generale.
La specifica 2.0 di HTML dello IETF fu rilasciata nel 1995 con l’intento di codificare la gamma dei nuovi cambiamenti e di mettere le basi per il successivo sviluppo del web.
Nel 1996 lo IETF chiuse il suo gruppo di lavoro e delegò sostanzialmente al W3C il compito di gestire l’HTML. La maggior parte dell’opera di sviluppo dello standard HTML 2 si basò semplicemente sul riconoscimento delle estensioni scritte dai distributori dei vari browser (come Netscape), piuttosto che un modo ben concepito di raggiungere specifici obiettivi.
Lo sviluppatore a capo del progetto Mosaic, Marc Andreessen, lasciò il gruppo NCSA nel 1993: il suo obiettivo era rendere Netscape un’impresa privata e dedicare i sui sforzi allo sviluppo della sua personale idea di web. Netscape iniziò così creando estensioni proprietarie di HTML senza alcuna confronto con la community internazionale, atteggiamento questo che avrebbe potuto provocare l’allontanamento del web dalla sua stessa natura di progetto “open”.
Inizialmente gli sforzi di Netscape furono finalizzati alla creazione in maniera rapida di un modo per distribuire le pagine web che potevano attrarre l’attenzione dei navigatori, così vennero inseriti nei tag HTML attributi specifici che rendessero più accattivanti i contenuti, come il colore di sfondo della pagina o caratteri tipografici (font) per i testi.
Per gli accademici però tale modus operandi inseriva in maniera inappropriata all’interno del codice gli attributi di presentazione: lo scopo iniziale di HTML infatti era quello di presentare solo la descrizione semantica dell’organizzazione del documento senza abbellimenti di sorta.
Se questo atteggiamento si fosse affermato, HTML avrebbe smesso di essere un formato flessibile per la compilazione di documenti interpretabile per differenti scopi diventando semplicemente un grossolano mezzo per la resa di uno specifico documento su un browser web in funzione su un PC. Per esempio, impostando un colore di sfondo nel codice, si impedirebbe la consultazione della pagina da parte di persone ipovedenti, mentre l’utilizzo di un font specifico e di una determinata dimensione renderebbe difficile la visualizzazione dei caratteri sui diversi dispositivi utilizzati dai navigatori.
HTML 3: tanti standard tra cui scegliere
Nel 1995 il W3C fece circolare una bozza dell’HTML 3, attraverso la quale intendeva formalizzare una varietà di caratteristiche emergenti: prima fra tutti la necessità di supporti alla realizzazione di documenti matematici e scientifici.
Tra le altre nuove funzionalità presenti in HTML 3 anche la possibilità di formattare le tabelle, funzionalità fortemente richiesta dalla Marina americana che ne aveva urgentemente bisogno per sistemare le tabelle-dati su cui si basava tutta la sua complessa documentazione.
HTML 3 perciò venne ulteriormente sviluppato per soddisfare le più disparate necessità e i distributori di browser con risorse limitate iniziarono a individuare e scegliere gli elementi delle specifiche che potevano o volevano implementare: essi scelsero allora quale caratteristiche supportare e a loro volta aggiunsero ulteriori specifiche proprietarie estranee allo standard.
Nel frattempo, Microsoft tentò di impossessarsi della leadership allora nelle mani di Netscape all’interno del mercato dei browser. Nel 1995 comprò il codice di Mosiac e iniziò un rapido sviluppo di quest’ultimo rinominandolo “Internet Explorer” nel tentativo di impedire che il web venisse monopolizzato da pochi grandi gruppi aziendali concorrenti (in special modo Netscape e Sun) che avevano interesse a spezzare la presa di Microsoft sul mercato dei sistemi operativi.
Nel tentativo di contrastare Microsoft, Netscape continuò ad aggiungere estensioni proprietarie ad HTML. Un esempio è il concetto di <frame>, che permise ai browser di visualizzare più pagine web indipendenti insieme in un’unica schermata.
Netscape però presentò la richiesta di inclusione del <frame> all’interno delle specifiche HTML solo dopo averlo inserito all’interno del suo browser: così facendo, in sostanza, precluse alla comunità la possibilità di discuterne prima i meriti o anche solo l'idea.
Verso la fine del 1996, ad appena un anno di distanza, Microsoft rilasciò la terza major release di Internet Explorer: fu un passo frenetico e azzardato, chiaramente progettato per legare per sempre il futuro del web a Windows. IE 3 aggiunse infatti il supporto alle Active X, estensioni programmate per effettuare controlli su interfacce complesse nelle pagine web che potevano però girare solo su Windows. Netscape aggiunse una sua implementazione di Active X e un linguaggio di scripting chiamato JavaScript, a cui IE rispose con il suo compatibile JScript.
Con Netscape e Microsoft in corsa per superarsi l’un l’altra aggiungendo caratteristiche uniche ai loro browser, la possibilità di riflessione su come implementare al meglio HTML come uno standard interoperabile iniziò a vacillare.
Il fondo del barile venne raggiunto con il tag <BLINK> di Netscape, al quale Microsoft rispose con un altrettanto stupido tag <MARQUEE>; entrambi staccarono HTML dall’obiettivo di fornire una seria rappresentazione semantica di un documento portando invece il web a una sgargiante rappresentazione virtuale delle insegne al neon di un quartiere a luci rosse.
Contemporaneamente, lo IETF continuava a lavorare sulle specifiche ufficiali di HTML 3, aggiungendo supporto a caratteristiche come i caratteri internazionali, le tabelle e le mappe sulle immagini.
La sfida della definizione di uno standard ufficiale minimo contestualmente alla possibilità da parte di entrambe le aziende di elaborare rapide e indipendenti innovazioni - con la utopistica pretesa di armonizzare il tutto in una ben concepita tabella di marcia a cui tutti aderissero - assunse l’aspetto di una “mission impossible”.
HTML 4: fine della guerra dei browser
Tuttavia, il WC3 gestì la negoziazione dei consensi su temi importanti con una serie di incontri regolari tenuti tra i rappresentanti di Netscape, Microsoft, Sun e le altre parti coinvolte, invitandoli a partecipare al nuovo Comitato di redazione per HTML.
Il Comitato stabilì di comune accordo di escludere i tag BLINK e MARQUEE dalle specifiche ufficiali di HTML in favore dell’utilizzo dei CSS (fogli di stile a cascata), con lo scopo di separare la parte di rappresentazione grafica del web dagli elementi puramente descrittivi-semantici del linguaggio.
Tramite i fogli di stile infatti gli autori web avrebbero potuto creare documenti HTML riproducibili in maniera differente; su schermi, ottimizzati per la stampa, leggibili da uno screen reader o interpretabili in altri modi.
Questo però creò due problemi: il primo fu che i tag di Netscape avevano già confuso presentazione semantica e rappresentazione visuale su un gran numero di pagine web presenti on line, il secondo che i browser avrebbero avuto bisogno di aggiungere il supporto al CSS oltre che per HTML.
CSS 1 fornì la possibilità di rappresentare i contenuti dei documenti HTML secondo un determinato stile (ad esempio "Intestazione") piuttosto che una specifica rappresentazione ("Helvetica: grassetto 16pt”).
Un file CSS avrebbe fornito i dettagli per la rappresentazione della pagina e l'utente o il browser avrebbero potuto sostituirla in base alle loro esigenze, per esempio la necessità dell'utilizzo di un carattere diverso o della lettura di un testo con una inflessione diversa. CSS 1 implementò anche gli stili per il testo, la grafica e l'allineamento delle tabelle.
Per consentire a HTML 4 di emergere rispetto alle allora attuali specifiche HTML 3.2 rilasciate agli inizi del 1997, il nuovo HTML 4 permise la possibilità di interpretare la pagine in modalità “di transizione” (transitional). Questa permetteva anche l’uso di tag precedenti considerati deprecati, piuttosto che pagine “rigorose” (strict) che dovevano aderire rigidamente al metodo di separazione di descrizione tramite i CSS.
HTML 4 fu lanciato alla fine del 1997, seguito dalla precisazione di HTML 4.01, alla fine del 1999.
Oltre alla separazione tra la descrizione e la rappresentazione, L’HTML 4 dettato dal W3C codificava anche gli aspetti procedurali dei documenti Web, standardizzando il linguaggio JavaScript per l'interattività lato client e il DOM (Document Object Model) per la rappresentazione e l'interazione degli oggetti descritti in HTML. Le specifiche “HTML 4.01 Strict” vennero pubblicate come standard ISO nel 2000.
Microsoft abbracciò per prima il supporto ai nuovi codici HTML, CSS e JavaScript, in gran parte perché aveva già vinto la guerra con Netscape abbinando IE al suo Windows e Netscape non aveva più la forza di stare al passo con i tempi.
La grande quantità di lavoro necessaria per sviluppare un nuovo browser partendo da zero rappresentò un’insormontabile barriera all’ingresso di nuovi concorrenti, e, d’altronde, l'onnipresenza di IE non sembrava offrire incentivi al mercato per chiunque volesse provare l’impresa.
Dopo la rapida crescita degli anni Novanta, per quasi un decennio non ci sarebbero stati ulteriore progressi delle specifiche HTML.
XHTML 1: la specifica di un fallimento
Il W3C decise di prendere una nuova direzione per HTML e a partire dal 1998 concepì XHTML 1.0. Piuttosto che essere una forma di SGML, la nuova specifica costrinse HTML a un rigoroso sottoinsieme di XML (eXtensible Markup Language), richiedendo modifiche semantiche relativamente minime.
Il rendering dei documenti HTML esistenti era diventato estremamente complesso a causa della flessibilità ambigua di HTML voluta dai browser.
Imponendo le rigide regole di formattazione XML in documenti HTML, il W3C sperava di raggiungere due obiettivi. Il primo era la capacità di creare, modificare e visualizzare i documenti HTML utilizzando strumenti XML, il codice HTML esistente infatti era troppo confuso per essere analizzato in maniera affidabile da macchine senza un motore di rendering molto complesso e a conoscenza delle molte eccezioni di HTML.
Il secondo vantaggio del passaggio a XML era la potenziale modularizzazione di markup specializzati, liberando le specifiche HTML dal dover definire le modalità per marcare, per esempio, formule matematiche che potevano invece essere definite in modo indipendente utilizzando una grammatica XML specializzata, come MathML. Un documento XHTML poteva semplicemente usare un riferimento esterno per la marcatura specifica di tali contenuti.
Tuttavia, il passaggio da HTML 4.01 a XHTML 1 introdusse nuove complessità che in pochi avevano interesse a risolvere. Inoltre, Microsoft non aveva più alcuna effettiva concorrenza nel mercato dei browser, per cui preferì, non avendo motivi per investire nel rendere IE compatibile con XHTML, focalizzare gli sforzi nell’elaborazione del supporto a nuove funzionalità più pratiche, come CSS 2 o nel risolvere la gravissima crisi di sicurezza che aveva portato ActiveX.
Senza il supporto a XHTML nei browser non vi era motivo per gli sviluppatori web di aggiornare i propri siti affinché riconoscessero il nuovo standard. I tentativi di transizione a XHTML spesso davano complessi problemi, senza produrre benefici reali, per cui gli sviluppatori web continuarono ad usare HTML 4.01.
XHTML 2.0: lo standard di nessuno
Di fronte alla realtà che IE, con la sua quota del 90% del mercato dei browser, non avrebbe mai supporto XHTML, il W3C decise nel 2002 di cominciare a pubblicare le bozze di una nuova specifica XHTML 2.0 che eliminasse ogni pretesa di compatibilità con HTML 4 o XHTML 1. Questo semplificava notevolmente la portata del progetto, ma rese il nuovo lavoro quasi del tutto irrilevante per chiunque.
Mentre il W3C continuava lungo questa traiettoria, il panorama competitivo iniziava a cambiare drammaticamente. Netscape era rinata come Mozilla e il suo nuovo browser, Firefox, cominciava a raccogliere nuovi utenti insoddisfatti da Microsoft che non aveva più aggiornato IE6 dal 2001.
Nel momento in cui IE 7 venne rilasciato alla fine del 2006, Firefox era diventata una valida alternativa popolare su PC e il nuovo browser di Apple, Safari, aveva cancellato completamente Explorer dalla piattaforma Mac. Allo stesso modo anche Opera si era trovato una nicchia tra i browser in ambito mobile, in quanto Microsoft con il suo terribile Pocket IE offriva interessanti opportunità a browser alternativi.
Nuovi giocatori sempre più importanti, guidati da Apple, Mozilla e Opera, cominciarono a guardare a come gli standard web potessero progredire in maniera “aperta” per supportare, indipendente dal produttore, le alternative allora esistenti del web dato che il dominio indiscusso da parte di contenuti proprietari in Flash, che facevano affidamento su un plugin separato dal browser, stava trasformando il web “aperto” di nuovo in un sistema proprietario come era stato AOL nella fine degli anni Ottanta: chiuso, afflitto da un’infinità di bug e tremendamente lento.
Convinti che il web non avrebbe effettuato una transizione verso l'XML, Mozilla e Opera proposero al W3C di cessare i suoi sforzi su XHTML a favore di una nuova implementazione di HTML 4. L’obiettivo era ottenere nuovi metodi più pratici, incentrati sullo sviluppo di applicazioni web ricche, e limitare l'uso di XML per le nuove tecnologie come come RSS. "Riteniamo le applicazioni Web siano un settore importante che non è stato adeguatamente supportato dalle tecnologie esistenti" scrisse la società in un documento di sintesi “C'è una minaccia crescente di soluzioni proprietarie, bisogna affrontare questo problema con specifiche sviluppate in comune”. I membri del W3C votarono l'idea a mani basse.
WHATWG lancia HTML5
L’irrilevante progresso portato avanti sugli standard web dal W3C si risolse in Apple, Mozilla e Opera unite insieme nel 2004 per dare vita all’indipendente WHATWG (Web Hypertext Application Technology Working Group), concentrato principalmente sul progresso di HTML, CSS, DOM e JavaScript come valida piattaforma per le rich web application.
WHATWG venne ideato per aggirare Adobe Flash, Microsoft Silverlight e Sun JavaFX e per permettere il ritorno del web alle sue origini “open”.
A tale scopo c’era bisogno di modernizzare le specifiche di HTML che non erano state più aggiornate dal 1999. Lavoro supplementare fu inoltre necessario per adattare il DOM e promuovere JavaScript con le sue API per fornire rich web application con caratteristiche più simili alle applicazioni desktop, come il drag and drop, il disegno avanzato e l’editing offline.
Nel 2007, WHATWG ha raccomandato la sua specifica per HTML5 affinché il W3C l’adottasse come il nuovo punto di partenza per il futuro del web in luogo di XHTML 2.0. Il W3C accettò la proposta e nacque un nuovo gruppo di lavoro su HTML. Nel gennaio del 2008 venne pubblicata la prima bozza di HTML5. Il futuro di una nuova epoca nella realizzazione di siti web era iniziato.
Il futuro dell’HTML5
I sostenitori di HTML5 decisero di risolvere una serie di problemi che avevano afflitto i precedenti tentativi di sviluppo del codice. Il gruppo di lavoro ribadì la necessità pratica di retrocompatibilità, l’importanza di specifiche che combaciassero con l’implementazione (in reazione alla precedente tendenza a non rispettare le regole), e la necessità per le specifiche di essere chiare e sufficientemente univoche, così che i singoli distributori potessero di fatto ottenere la piena interoperabilità.
È importante notare che il salto ad HTML5 non ha determinato grandi difficoltà come fece, ad esempio, la migrazione da XP a Windows Vista, o da IPv4 a IPv6. Secondo Mark Pilgrim di Google, le specifiche HTML5 sono semplicemente una collezione di caratteristiche dettagliate che i browser sono in grado di riconoscere.
Alcuni browser già supportano, infatti, la geolocalizzazione, lo storage locale, le applicazioni off line, i CANVAS e i nuovi tag audio e video come Apple Safari 4 e Safari mobile su iPhone.
Diversamente da quanto accadeva agli albori del web, quando gli sviluppatori di browser aggiungevano con impazienza nuove caratteristiche e chiedevano che venissero riconosciute dallo standard, oggi gli stessi sviluppatori attendono fremendo la definizione delle nuove specifiche così da poterne completare il supporto sui propri dispositivi. Concentrandosi sulle caratteristiche pratiche che possono essere implementate da chiunque, HTML5 sta catturando l’attenzione di tutti gli operatori del web, dagli sviluppatori dell’open source fino a Microsoft.
I grandi player e HTML5
La posizione assunta dalle software house nei confronti del nuovo HTML5 è facilmente prevedibile dato l’impatto che avrà sul loro business. Ad esempio, sia Mozilla che Opera sono molto propensi a promuoverne l’utilizzo, perché gli permette di competere su un piano di parità nel mercato dei browser evitandogli di essere tagliati fuori da un qualche plug-in proprietario (come Flash in grado di funzionare solo su alcune piattaforme) o pagine web con codici specifici per un determinato browser.
Anche Apple è fortemente motivata nel sostenere HTML5 in quanto le consente di competere nel mercato dei contenuti multimediali “rich media” sul web contro Flash, creare applicazioni web RIA (Rich Internet Application) per MobileMe, supportare lo sviluppo di web-App di terze parti su iPhone e Mac e ridurre la sua esposizione a problemi di sicurezza e incompatibilità relativi a plugin di terze parti come Flash e Silverlight.
Alla stessa maniera anche Google condivide questo atteggiamento. HTML5 infatti elimina la necessità di utilizzare Flash per i video di YouTube, permette all'azienda di fornire applicazioni web (Google Docs, Gmail...) in grado di competere con le alternative desktop (ad esempio Office), creando in questo modo una condizione di pari opportunità sul mercato per tutti i browser, e favorendo la concorrenza; inoltre ha permesso a Google di fornire Chrome OS, valida alternativa a un sistema operativo tradizionale per PC basato su Windows.
Nonostante la potenziale minaccia a Office e Windows da parte di HTML5, anche Microsoft vede la necessità di partecipare nel progetto, perché la sua quota nel mercato dei browser è drammaticamente scesa a circa il 55%. Una grande fetta di utenti di IE, ad agosto 2009, utilizzava ancora IE 6 o 7. Questo significa che la maggioranza di coloro che navigano attraverso IE non beneficia dei nuovi standard del web e piuttosto che aggiornare IE si sposta verso l’utilizzo di browser alternativi.
Sempre più persone infatti oggi utilizzano Firefox 3 al posto di IE 8 nonostante entrambi siano stati rilasciati lo scorso anno.
Adobe e HTML5
Naturalmente le critiche maggiori riguardo HTML5 arrivano da Adobe. Rispondendo alla domanda rivoltagli se HTML5 fosse considerato più un'opportunità o una minaccia per Adobe, il suo CEO, Shantanu Narayen, ha affermato: "Penso che la sfida per HTLM 5 sarà quella di ottenere una visualizzazione coerente del linguaggio su tutti i browser. E parlando dei piani di implementazione, si capisce che potrebbero passare almeno una decina di anni prima che HTML5 veda la perfetta standardizzazione su tutti i browser disponibili, presenti e futuri."
In realtà, però, la storia ci insegna che se gli standard HTML vengono adottati quasi subito dai browser o non lo saranno mai più. Anche il timore che Microsoft non potesse aggiungere mai il supporto ad HTML5 è oramai difficile da sostenere come tesi, sia per il recente interesse espresso da Redmond con IE 9 sia per il suo impegno precedente nell’applicare le specifiche web al suo browser, quando aveva il bisogno di battere la concorrenza di Netscape.
Una volta che Adobe si renderà conto che può fare più soldi vendendo strumenti di authoring per HTML5 rispetto a quelli che guadagna sostenendo un gruppo di designer Flash in costante diminuzione, la sua visione riguardo ad HTML5 cambierà drammaticamente.
Tale transizione, da una difficoltosa gestione e manutenzione di un plugin proprietario allo sviluppo di tool basati su standard condivisi, permetterà ad Adobe di avvantaggiarsi di una piattaforma sviluppata da una forte comunità (in gran parte di Mozilla e WebKit) piuttosto che cercare di promuovere da sola i suoi prodotti, Flash, Flash Lite e AIR, su diverse piattaforme hardware e per diversi browser. Perché chiaramente la strada intrapresa finora non funziona.